Biologico vuol dire sano? L’effetto alone nel cibo biologico.

“Oggi mi concedo il dolce…tanto è biologico!”

Ogni giorno il nostro cervello è inondato da un’infinità di informazioni provenienti dal mondo esterno. Queste sono impossibili da processare a causa del loro elevato numero e della loro complessità. Per questa ragione il nostro sistema utilizza delle strategie cognitive con lo scopo di risparmiare tempo ed energie. Le scorciatoie mentali sono indispensabili per fare economia cognitiva, ma possono portare il nostro cervello a compiere degli errori di ragionamento e di valutazione che prendono il nome di bias cognitivi. Tra i bias cognitivi più conosciuti troviamo l’effetto alone, termine coniato nel 1920 dallo psicologo americano Edward Thorndike: l’effetto alone fa sì che la presenza di un tratto influenzi tutta una serie di altri tratti dell’individuo o dell’oggetto (Thorndike, 1920; Wells, 1907). Detto in maniera più semplice: se ti presentano una persona molto carina, sarai portato a pensare che quella persona sia anche gentile, simpatica, ecc.

L’effetto alone è stato studiato anche nel mondo dell’alimentazione, in particolar modo nel cibo biologico.

I cibi biologici sono prodotti che non hanno richiesto l’uso di fertilizzanti artificiali e non contengono residui di pesticidi chimici. Il potere di un’etichetta biologica su un alimento può agire in maniera molto forte sulla mente delle persone, tanto da influenzare tutta una serie di altre caratteristiche non direttamente associate ad essa, come il gusto, il contenuto calorico, la salubrità, la tendenza a spendere di più e altre differenti peculiarità.

Schuldt e Schwarz nel 2010 hanno confermato sperimentalmente, utilizzando i famosi biscotti Oreo, l’influenza dell’etichetta biologica nella percezione del contenuto calorico.

I partecipanti all’esperimento, dopo aver letto l’etichetta nutrizionale dei biscotti Oreo, hanno risposto a due semplici domande, in cui veniva chiesto loro di paragonare questi biscotti a quelli di altre marche dal punto di vista calorico e di dire quante volte li avrebbero consumati. Un altro gruppo di partecipanti ha letto la medesima etichetta nutrizionale e risposto alle medesime domande ma, in questa condizione, i biscotti erano realizzati con farina e zucchero di origine biologica.

Che cosa hanno ottenuto?

Le persone valutano i biscotti realizzati con ingredienti biologici come meno calorici rispetto agli Oreo tradizionali. Inoltre questo risultato coincide anche con una maggior frequenza di consumo: essendo biologici e contenendo meno calorie, i biscotti potevano essere consumati più frequentemente rispetto alla versione non-bio.

Non volendo fermarsi qui, gli sperimentatori hanno mostrato un testo ai partecipanti, in cui si parlava di Susie, ragazza di 20 anni:

Susie è una ragazza che segue un’alimentazione sana e bilanciata. Dopo cena Susie va sempre a correre. Questa sera però si sente stanca e deve decidere se allenarsi oppure no. A cena Susie ha mangiato riso integrale e verdure e ora sta scegliendo che dolce mangiare.

Ogni partecipante all’esperimento, a questo punto, poteva leggere di Susie che sceglieva di mangiare un biscotto, del gelato biologico o che decideva di rinunciare al dolce.

La domanda che seguiva era: “Date le circostanze, ritieni che Susie possa saltare la sua sessione di allenamento questa sera?”

I partecipanti si sono dimostrati molto più tolleranti nel caso in cui Susie sceglieva un dolce biologico rispetto a un dolce tradizionale, quindi dichiaravano che poteva saltare la sua sessione di allenamento.

Ciò che più stupisce è che lo stesso risultato è stato ottenuto anche nella condizione in cui Susie sceglieva di rinunciare al dolce: la ragazza poteva saltare più spesso il suo allenamento se consumava dolci di origine biologica, ma non se rinunciava al dessert!

Fonti:

  • Schuldt, J. P., & Schwarz, N. (2010). The” organic” path to obesity? Organic claims influence calorie judgments and exercise recommendations. Judgment and Decision making, 5 (3), 144.
  • Thorndike, E. L. (1920). A constant error in psychological ratings. Journal of Applied Psychology, 4 (1), 25-29.
  • Wells, F. L. (1907). A Statistical Study of Literary Merit (Columbia Univ. Cont. to Phil. & Psych., 16, 3.). Archives of Psychology, 7, 5–25.